Anche le colleghe di Sara Pedri subivano ingiurie, intimidazioni, atteggiamenti denigratori e inquisitori nel reparto di ginecologia.
Una svolta nel caso di Sara Pedri, la ginecologa 30enne di Forlì scomparsa il 4 marzo 2021 in Trentino. Il primario di Ginecologia, Saverio Tateo, e la sua vice, Liliana Mereu, erano già stati trasferiti in un’altra struttura, per far chiarezza sul ‘sistema punitivo’ che c’era nel reparto di finecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Oggi la Procura chiude le indagini sui due indagati accusati di maltrattamenti.
Le indagini
Oltre a Sara Pedri, anche altre ginecologhe, ostetriche e infermiere che lavoravano nello stesso reparto, hanno accusato episodi di soprusi e intimidazioni da parte dell’ex primario e dell’altra dirigente. Alcune colleghe sarebbero state minacciate con sanzioni disciplinari, ma secondo quanto emerso sarebbero avvenute anche angherie non giustificate per ragioni di risentimento.
Ogni vittima dell’ospedale Santa Chiara di Trento ha subito circa setto o otto violenze di questo genere, per cui il clima in quel reparto era ormai “insalubre”, come descrive una dottoressa. L’inchiesta, seguita dalla famiglia di Sara al fianco dell’avvocato Nicodemo Gentile – presidente dell’Associazione Penelope – era partita un anno e mezzo fa, subito dopo la scomparsa della 30enne.
La sua auto è stata ritrovata nei pressi del lago di Santa Giustina, intorno al quale si sono svolte le ricerche. Ma del corpo della giovane non è ancora stata ritrovata alcuna traccia. Tuttavia gli ispettori del ministero della salute hanno evidenziato “criticità oggettive nella gestione del personale del reparto”.